9 giugno 2010

ROBBEN, BESTIA NERA DI FERGUSON


ROBBEN, Arjen. 26 anni. Ala/seconda punta/attaccante del Bayern Monaco e della nazionale olandese. Detto “il ciclista di Groningen” – questa l’ho sentita da Massimo Marianella l’altra sera durante Inter-Bayern – perchè quando da ragazzino giocava nel Groningen, andava agli allenamenti in bicicletta: 12 chilometri all’andata, altrettanti al ritorno. Però tutto in pianura. Detto anche “Batman e Robben” quando faceva coppia con Mateja Kezman al Psv Eindhoven, prima di imporsi come uno dei grandi nomi del calcio europeo, prima al Chelsea, poi al Real Madrid, infine al Bayern Monaco.

Oddio, il fatto che abbia cambiato 3 squadre in 5 anni qualche dubbio lo fa venire. Robben, è vero, è stato protagonista di qualche screzio coi suoi compagni di squadra (ultima vittima Lahm, durante un allenamento). Niente di che, in fondo. Lui stesso s’è lamentato che ai tempi del Real Madrid era stata messo in giro cattiva pubblicità, per giustificare agli occhi dei tifosi la cessione di un «gioiello» da 36,55 milioni di dollari. Robben, è vero, è fragile. Si è rotto metatarsi e ginocchia, si è stirato cosce e altri muscoleti. Un altro soprannome che gli compete sarebbe infatti “talento di cristallo”.

Schivo, brutterello, mezzo calvo, per niente rockstar, Robben è un fenomeno per la velocità con la quale fa le cose, ben più che per la fantasia (la fantasia essendo nel suo caso una funzione della velocità). Seguace come tanti campioncini olandesi del Metodo Coerver, la bibbia scritta dall’ex teorico del calcio totale che considera il saper giocare a pallone non come un dono del cielo ma soltanto una questione di allenamento, di automatismo nell’applicazione delle tecniche individuali dentro il gioco di squadra, Robben è senz’altro un campione dei giorni nostri. “Né carne né pesce” ha detto chiaramente di lui Florentino Perez presidente del Real Madrid, prima di venderlo.

Ma si sa come vanno le cose: la fantasia piace ai tifosi, ma non si sa bene cosa sia; la velocità e l’applicazione si misurano, si toccano, si vedono, perciò piacciono agli allenatori, specie quelli più moderni, muniti di taccuino, computer, video. Con la sua velocità massima certificata in 32,9 km/h Robben è il secondo giocatore più rapido del calcio europeo. Dopo Cristiano Ronaldo – 33,6 km/h, quando non ci sono ragazze in giro.

E’ uno dei simboli del toyotismo applicato al calcio, e con Mourinho che è il massimo teorico del gioco totale-collettivo-postindustriale ha raccolto il massimo in carriera. Continua a giocare da attaccante esterno, nella posizione che fu dell’ala, un tempo territorio di giocolieri, pazzi, dribblomani, donchisciotti e tanghèri, e che ora invece raccoglie quelli messi lì “ad allargare la difesa”, a “saltare l’uomo”, quindi ad “accentrarsi”, semmai a “tirare da fuori”, e tutte le altre stupidaggini inventate per darsi un contegno. “Quelli che da vent’anni fanno un lavoro di equipe convinti di essere stati assunti da un’altra ditta, oh yeah” (Enzo Jannacci).

Lo scontro con i difensori (e i centrocampisti in raddoppio) è infine l’eterna maledizione di Arjen Robben, giocatore quasi privo di furbizia e cattiveria in campo. Van Basten gliel’ha sempre detto: gira alla larga dai difensori, chè fanno male. Ma lui niente. “Io non salto quando arriva il tackle, mica sono un frocetto”. Dichiarazione che ci fa dubitare dell’intelligenza dell’uomo, più che della sua fantasia. Ma pazienza. E’ stato il grande sconfitto assieme a Van Gaal della finale di Champions League, giocata come una partita di playstation ma decisa da due pedate de dios di pura tradizione sudamericana. Lo rivedremo ai Mondiali ma non dalla prima contro la Danimarca, infatti il giorno prima di partire per il SudAfrica si è infortunato nell'amichevole vinta 6-1 ad Amsterdam contro l'Ungheria. Dopo aver siglato una doppietta, a dieci dal termine, per fare un colpo di tacco si è strappato alla coscia sinistra...una lesione muscolare...again and again and again and again and again...

testo di alberto piccinini, stone island football blog

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