22 gennaio 2007

NO SMOKING PLEASE...


Gli esagerati tabloid inglesi lo hanno bollato addirittura come "Coco the Clown". Stuart Pearce, che come ogni tecnico un minimo di diplomazia dovrebbe averla, lo ha ritenuto non all'altezza di vestire la maglia del Manchester City. Tutto questo per cosa? Una sigaretta, accesa poco prima di entrare nel centro sportivo dove si allenano i cugini dei Red Devils.
Ecco l'ultima tappa del periodo nero di Francesco Coco, che segue gli infortuni in serie e le illazioni su presunte foto compromettenti acquistate per evitarne la pubblicazione. Lasciata l'Inter in polemica aperta, il difensore aveva raggiunto l'Inghilterra per un periodo di prova (7 giorni) con il City, interrotto bruscamente da Pearce, che secondo fonti inglesi temeva le abitudini "mondane" che vengono attribuite a Coco.
Dall'Italia i commenti sono tutti dalla parte del giocatore. "Non è da questi episodi che si giudica un calciatore: lo si vede in campo, non si guarda la sigaretta", ha detto Gigi Riva, oggi vicecommissario della Figc. "Chiariamo subito: Coco ha sbagliato a presentarsi così all'allenamento, diciamo che poteva farne a meno. Ma non è quello a determinare il valore di un giocatore. Allora a me cosa sarebbe dovuto succedere? Fino al giovedì fumavo, poi in vista della partita mi regolavo. Ma non ero l'unico: lo faceva anche Sivori...".
Sulla stessa lunghezza d'onda il commento di Gianluca Vialli, un italiano che in Inghilterra ha lasciato il segno. "Io credo che sia importante responsabilizzare i giocatori, e penso sia fondamentale giudicarli per il tipo di prestazioni che offrono sul campo e non punirli per una sigaretta", ha detto Vialli a R101. "Un episodio del genere da noi non sarebbe accaduto perché gli inglesi sono più permissivi sull'alcol ma non sul fumo, mentre noi non beviamo ma fumiamo. Quindi alla fine conta solo la prestazione in campo. Certo, sarebbe meglio non fumare, ma credo che non si possa agire così per una sigaretta".

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