10 ottobre 2008
EZIO VENDRAME: LA STORIA DI UN UOMO SPECIALE
Di lui si diceva che, avessse avuto una testa diversa, sarebbe stato forse il miglior talento degli anni '70. Frasi trite e ritrite, che non hanno senso . Una persona è come è, e basta. Ché Ezio Vendrame, classe 1947, da Casarsa della Delizia, in provincia, oggi, di Pordeneone, dava e dimostrava in campo esattamente ciò che era e ciò che è: tecnica sopraffina, estro e sregolatezza da vendere, l'uomo capace di fare un tunnel a San Siro a Gianni Rivera e chiedergli scusa subito dopo: "Perché Gianni era un artista, del pallone, e umiliarlo così, anche se il mio fu un gesto istintivo, mi dispiacque tantissimo. D'altra parte un po' fu anche colpa sua, lui allargò le gambe, e chi allarga le gambe, nel calcio come nella vita, ti spinge sempre a fare qualche cosa". E già queste affermazioni rappresentano qualcosa di più di un indizio per provare a comprendere il personaggio Vendrame, calciatore che attraverso il calcio italiano degli anni '70 come una meteora, cambiando un sacco di squadre in un'epoca in cui i trasferimenti non erano la quotidianità come oggi. Come una meteora che, tuttavia, lasciò sempre il segno. Non tanto, o non solo, per un gol memorabile o per una finezza tecnica, quanto per le sue "improvvisate" in campo.
"Nereo Rocco mi dava del pazzo, e la cosa, non lo nego, mi faceva enormemente piacere. Più semplicemente, io amavo giocare a pallone, ma non mi piaceva fare il calciatore. Mi sentivo stretto , risucchiato, prigioniero, anche perché i vincoli, non solo societari ma anche se vogliamo chiamarli così, 'morali' erano ancora molto forti, in quegli anni '70. Avevi voglia a dire che c'era stato il '68, che la contestazione giovanile aveva cambiato il mondo... L'Italia era ancora un paese retrogrado e bigotto, per non parlare del mondo del calcio"
Tu però riuscisti a cavartela allegramente, stando almeno alla tua "Biografia", "Se mi mandi in tribuna godo" uscita pochi mesi or sono...
"Fare il calciatore ti poneva al centro dell'attenzione. Avere delle donne era facilissimo, e io non mi tiravo certo indietro, anzi..."
Molti dissero che era il nuovo Sivori, che al posto dei piedi aveva due stradivari. Eppure di lui si ricordano soprattutto gesti quasi clowneschi, beffardi, irriverenti. Come quel suo modo di zompare a piedi uniti sul pallone, a centrocampo, e scrutare l'orizzonte ponendo la mano "a taglio" contro la fronte...
"Non volevo polemizzare contro i compagni che non si smarcavano. Semplicemente quei 30 centimetri di altezza in più mi permettevano, per davvero, di dare un'occhiata migliore al piazzamento dei miei. Pochi aggiungono che spesso, dopo avere fatto la 'vedetta' in quel modo, magari ti pescavo un attaccante con un lancio di 40-50 metri d'esterno..."
Ma quella volta che ti soffiasti il naso nella bandierina del corner?
"Anche lì, ognuno vede sempre ciò che vuole. Vi pare bello vedere quei giocatori che si puliscono il naso con le mani? Ero lì per battere un calcio d'angolo, e mi sembrò più fine, se vuoi anche più educativo, usare la bandierina a mo' di fazzoletto. Peccato, solo, che pochi ricordano come, subito dopo, annunciai alla tribuna che avrei segnato direttamente dal corner. E così feci..."
Un'altra volta però una tua bravata provocò, anche se indirettamente, una tragedia...
"Lo ricordo fin troppo bene. Giocavo nel Padova, contro la Cremonese. In campo avevano deciso la 'torta', che a me proprio non andava giù. Non potevo certo prendermela con gli avversari e puntare verso la loro rete. Così, dal centro del campo, feci dietro front e puntai verso la nostra area. Qualche compagno, ripresosi dallo spavento, mi si fece incontro ma io lo dribblai, fino a trovarmi a tu per tu con il nostro portiere. Solo a quel punto, e dopo aver fintato il tiro, stoppai invece il pallone con la pianta del piede. Ricordo il sospiro come di sollievo di tutto lo stadio... Solo a fine partita seppi del dramma: un tifoso si era spaventato a tal punto da morire di infarto."
A proposito di combine: alla fine degli anni '70 ci fu lo scandalo del calcioscommesse. La cosa di colse impreparato?
"Assolutamente no. Tante, troppe volte sono stato avvicinato per truccare l'esito di una partita. Ma non mi sembrerebbe onesto, da parte mia, tornare ora su quegli episodi. Non ho denunciato nessuno allora, sarebbe ipocrita agire diversamente adesso"
Che ricordo hai di quegli anni?
"Del calcio ti ho detto. Della vita... Stavo bene, e ciò lo dovevo in parte al fatto di essere un calciatore, non tanto dal punto di vista economico quanto per le libertà che riuscivo a prendermi. In generale... Forse c'era più autenticità, c'era più spazio per le emozioni. Per uno come me erano cose importanti, io avevo bisogno di sentire, ovunque, il calore, la poesia..."
A proposito di poesia: proprio in quegli anni, nel 1975, facesti conoscenza con il poeta livornese Piero Ciampi
"Piero... è stata la persona che ha segnato la mia vita, l'ha stravolta, l'ha... sì: se già prima mi sentivo un ostaggio del mondo del calcio, dopo la cosa fu ancora più forte. Piero è stata la persona che ha dato senso alla mia vita. L'ultima volta che venne a casa mia prima di morire abbiamo litigato. Ci lasciammo male, e questo non me lo perdonerò mai, anche se so che lui mi perdonò all'istante..."
Cosa era accaduto?
"Passò la notte a bere, a fumare, a urlare. Io dovetti assisterlo, avevo un sonno tremendo. Mi aveva cercato lui, da Roma, dicendomi che doveva vedermi, che aveva bisogno di me. Mi promise che non avrebbe bevuto, che avrebbe fatto il bravo. Ricordo resistetti fino al mattino poi, mentre ancora lui stringeva un bicchiere di whisky in mano, sbottai: lo insultai come un cane, non mi vuoi bene, gli rinfacciai,non hai rispetto per gli amici. Lui mi lasciò sfogare. Poi mi rispose, con molto amore. Ma Ezio, io sono un poeta..."
Il calcio e la poesia... Due passioni di Pier Paolo Pasolini, tuo concittadino, che proprio in quel 1975 venne assassinato.
"Pasolini diceva che dopo la letteratura e l'eros, il calcio era l'unica cosa in grado di dare emozioni autentiche. Il calcio come lo intendeva lui, però, e come lo intendevo io."
Qualche rimpianto per quegli anni? Potendo tornare indietro?
"Zero. Ho fatto della mia vita un capolavoro e continuo a farlo perchè ho sempre fatto il cazzo che ho voluto". Da qualche anno Ezio Vendrame allena i giovanissimi della San Vitese, da più a lungo scrive poesie. Vere, autentiche, profonde, intrise di sensibilità, dribbling di versi, lanci di metafore, tocchi di alta finezza. Da poeta vero. Da leggere. Ché anche con la penna in mano, tutto si può dire di Ezio Vendrame, tranne che si tratti un bluff.
Fabrizio Calzia
(PAGINE 70)
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