Molti vorrebbero vederlo morto, altri si accontenterebbero di non rivederlo mai più su un campo di calcio e speravano quindi in una squalifica a vita e non già di appena sei mesi. Lui, Joey Barton, tutto questo lo sa bene, ma sa anche che, dopo 74 giorni passati alla Strangeways Prison di Manchester (da cui è uscito nel luglio scorso) per l’aggressione a un ragazzino di 16 anni, avvenuta alla fine di dicembre del 2007 a Liverpool; dopo le 200 ore di lavori sociali (non ancora tutte scontate) nella comunità di recupero di Prudhoe, nel Northumberland, per il brutale pestaggio all’ex compagno di squadra del Manchester City, Ousmane Dabo; e dopo la messa al bando della Premier League, oggi è un uomo nuovo. MEA CULPA - O almeno così ha tentato di spiegare nel suo primo incontro pubblico dopo i fattacci dell’ultimo anno e mezzo. "Niente come un soggiorno in carcere può farti smettere di bere – ha raccontato Barton ai giornali, fra cui il Sun, storicamente mai tenero con il centrocampista del Newcastle – e so bene che questa è l’ultima possibilità che mi viene offerta, ma adesso è arrivato il momento di ricominciare a far parlare di me solo per il calcio. So che la mia pessima reputazione mi precederà fin che avrò vita e che per molta gente la mia fine non arriverà mai troppo presto, così come so che non si può piacere a tutti e che ho probabilmente reso infelici più persone io che chiunque altro, ma, proprio per questo, voglio diventare un modello come lo sono Michael Owen e David Beckham per quei ragazzi che hanno avuto una vita difficile, voglio far capire loro che nella vita si possono fare delle cose stupide come ho fatto io, ma si può anche cercare di porvi rimedio". STUPIDITA' - Niente da dire, il "mea culpa" è totale e la sorpresa pure. "Quando parlo, parlo per esperienza diretta – ha continuato l’ex "bad boy" del football inglese - Il carcere non è stato facile, ma posso solo dare colpa alla mia stupidità e non di certo all’alcool per essere diventato un violento dentro e fuori dal campo. E’ vero, la maggior parte delle cose sbagliate che ho fatto, le ho fatte da ubriaco, ma non voglio che la bottiglia diventi una scusa. Merito assolutamente ogni critica che mi è stata mossa, ogni riga che è stata scritta contro di me e non intendo certo stare qui a difendermi, perché sono indifendibile". INFERNO - Per sua stessa ammissione, gli ultimi 18 mesi sono stati un vero e proprio inferno. "Mentre tutti pianificavano le vacanze, io pensavo che sarei andato in galera e che dovevo vivere con una sentenza sospesa sopra la mia testa (i quattro mesi che gli sono stati dati per l’aggressione a Dabo, ndr). Ma, lo ripeto, tutto questo è stato causato solo dalla mia stupidità. Adesso, però, voglio riprendere in mano la mia vita e rimetterla sui giusti binari". SOBRIO - Fra i progetti immediati, sfida contro il Sunderland di sabato a parte, una serie di iniziative organizzate dalla "Sporting Chance Clinic" di Tony Adams (dove ha trascorso 10 mesi per disintossicarsi dall’alcool) e altre operazioni-simpatia promosse dal Newcastle. "Voglio riparare ai danni che ho fatto e agli imbarazzi che ho causato con il mio comportamento. Il tempo mi sarà testimone. Per il momento, l’unica cosa che so con certezza è che sono sobrio. Non bevo un goccio da dieci mesi, direi che è un inizio".
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