8 novembre 2007

MATERAZZI MESSO ALLA PORTA



Materazzi, simbolo del calcio fascistoide e moderno del “vincit, regnat et imperat”. L’inedita visione del difensore dell’Inter arriva ovviamente dalla Francia. Ma stavolta non da un francese rancoroso, ma da un intellettuale italiano: Toni Negri, filosofo, ex leader di Potere Operaio.
LIBERATION - Negri, ex professore dell’Università di Padova che fondò il gruppo di estrema sinistra nel ’69, affronta la questione dalle pagine di Libération, un quotidiano che non ha mai digerito veramente l’episodio chiave della finale di coppa del Mondo, tra Materazzi e Zidane, e oggi in edicola in edizione speciale, con articoli firmati da soli filosofi.
ARGENTINA - Un viaggio in Argentina permette al filosofo, ex esule condannato per associazione sovversiva ma oggi libero cittadino, di osservare in tv una partita del campionato locale: "Giocano veramente male - scrive Negri, che vive tra Venezia e Parigi - anzi, giocano ormai come in tutto il mondo: 22 piccoli Materazzi, 22 automi, 22 giocatori di un videogame di media qualità".
ORIUNDI - Poi Negri ricorda che un tempo il calcio non era così. In Italia "all’inizio degli anni ’20 furono gli argentini ad insegnarci a giocare, con una difesa dura e un centravanti che rilanciava sulle ali, lento e preciso come in un tango". Era il calcio "meticcio" degli "oriundi" che trasmisero "fantasia e immaginazione" agli italiani e che permisero all’Italia di vincere due mondiali (1934-38) e le Olimpiadi del 1936.
MATRIX - "Oggi – continua il filosofo – non è più così. E’ Materazzi che comanda: vincit, regnat et imperat". La dittatura della tecnica: "Max Weber e la razionalità dell’efficacia". La salvezza passa allora per il rugby, quello "magnifico", argentino, sorpresa agli ultimi mondiali francesi. Quello dei Pumas "con una quantità impressionante di cognomi italiani", che giocano come lo facevano le squadre italiane piene di oriundi. Un paradosso.
FASCISMO - Negri sogna: "Se quell’età d’oro del calcio ha permesso agli italiani di respirare durante il fascismo, forse questo rugby ci permetterà di sopravvivere in quest’epoca di estremismo di centro". Negri chiude gli occhi e immagina un campo di rugbisti francesi e di calciatori oriundi, dove palla ovale e palla tonda si sovrappongono, con "il tango che riprende il suo spazio, tra la mischia e i centravanti". Paradosso filosofico, visione idealista, nostalgica e futuribile, che condanna senza appello "Materazzi a giocare a ping-pong". Povero Marco.

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